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Inchiostro magico

Dovrebbero essere meno porose, le lavagnette da cucina in legno. Non si lavano mai bene e conservano tracce degli appunti presi.
Allora in questa tua potrei ritrovare ciò che hai mangiato, quali bollette dovevi pagare e quella serie di annotazioni sulla mia vita incasinata scritta ridendo in una delle nostre nottate insonni. DVD in pausa, camomilla e cappuccino in cucina e si dimenticava il film restando a parlare. Quanta disperata solitudine c’era, in quel nostro sodalizio?
Scopro solo a posteriori che in quella casa non entrava nessuno, e tu mi ci hai fatto vivere, con te. Ti ho invaso, letteralmente, temendo sempre di disturbare fino a quella bellissima tua rivelazione: “Da quando sei qui ho iniziato a dormire meglio”. Ricordo perfettamente l’odore del salone, ci credi? Non risparmieresti battute sul mio naso, lo so.
Dove l’hai comprata questa lavagna? Quando? Hai piantato tu il chiodo che la sosteneva nella tua cucina? Quale è stata la cosa più importante che ci hai scritto? E quante cose, soprattutto, hai scritto dopo il mio passaggio?
Provo a distrarmi, che è solo una lavagna vuota, ma subito vedo dagli aloni il movimento che hai fatto quando hai cancellato col panno. Ripenso alla tua orrenda calligrafia, ti immagino bambina a far disperare la maestra della prima elementare.
Non riesco a pensarti per piu di un minuto senza sorridere per qualcosa su cui ci saremmo presi per il culo. Penso a quante cose potevamo dirci ma non c’è stato il tempo.
Provo rabbia.
Fa parte di ciò che eri nel modo più profondo, lo so, ma questo tuo non chiamare per non disturbare e non dire cosa ti stava accadendo, sere come queste proprio non lo accetto.
Potevo essere li, con te. Ci sono sempre stato.
C’è un chiodo libero ora nella tua cucina e una lavagna da cucina è nel mio studio.
Chiara forse un giorno mi chiederà perché rimane sempre vuota, le dirò che è scritta con un inchiostro magico che può vedere solo papà.