In Follie - mostra fotografica/ life/ Press/ reportage

Soccorsoclown

 

Ho fotografato attori di teatro prima dello spettacolo, ne ho respirato la tensione, ho ascoltato il mormorio di battute ripetute sottovoce mentre sistemavano il trucco. Ho assistito alla loro trasformazione sotto gli applausi della folla, appena varcato il sipario.

Ho conosciuto poi attori che non hanno palcoscenico né applausi, sistemano il trucco in un bagno d’ospedale e si muovono in corsia senza un copione da ricordare…

“Non chiedere perché abbiamo scelto di diventare clown dottori, la domanda esatta sarebbe: perché continuiamo ancora a farlo dopo tanti anni…” risponde Paolo, attore di Soccorso Clown.

“Quando abbiamo deciso di provare, questo mestiere non era ancora conosciuto in Italia… si può dire quindi che la nostra scelta sia stata fatta per passione ma senza una reale consapevolezza di come sarebbe andata. Dopo un serio percorso di formazione abbiamo iniziato a lavorare in corsia, ed ancora siamo qui… ma è uno di quei lavori che non sai mai se domani sarai in grado di continuare…”

Li seguo mentre si vestono, li osservo. Parlano tra loro, cercano di capire l’umore dell’altro e con quale bagaglio di emozioni private oggi entreranno in corsia. Lavorano in coppia, devono sapere fin dove spingersi e quanto chiedere all’altro, perché non c’è copione, non c’è pubblico che aspetta il tuo arrivo dopo aver pagato un biglietto. Qui si entra in punta di piedi, si usa la persuasione, si guadagna fiducia, si modula “l’intervento” in base alla situazione. Ci si trattiene dieci secondi, tempo di un sorriso ed un discreto saluto, o qualche minuto, coinvolgendo pazienti e familiari in giochi divertenti, gag, battute e fraintendimenti.

“Si resta fino al raggiungimento del climax, alziamo il livello di umore nella stanza e andiamo via sul culmine, per lasciare dietro di noi l’energia raggiunta prima di farla calare trattenendoci troppo…”

Entro con loro dalla caposala, le chiedono se ci sono stanze in cui è meglio non entrare, e mi spiegano che per regola non debbono sapere altro riguardo ai pazienti: debbono lavorare sulla parte sana del malato, e se davanti a loro vedessero non un paziente in difficoltà ma un essere umano, un bambino con un nome ed una storia, non riuscirebbero più a recitare.

Entro nelle stanze. Mi metto in un angolo, siedo a terra, mi pongo da spettatore di un evento straordinario. Assisto alle resistenze iniziali dei familiari, respiro l’aria sofferta di quei reparti e vedo come l’umore man mano viene trascinato verso l’alto, mentre gli attori coinvolgono sempre più ogni spettatore portandolo per mano al sorriso.

Tutti ringraziano i clown, mi stringono la mano e ringraziano anche me firmando i documenti per la pubblicazione delle immagini. Un ringraziamento profondo, sentito, una stretta di mani che faticano a separarsi…

Il personale ospedaliero accoglie calorosamente gli attori, si ferma a guardarli all’opera, mi spiega l’importanza della terapia del sorriso, dicendomi che ci vorrebbero molti più fondi per una maggiore presenza negli ospedali. Non posso che sentirmi d’accordo.

Contravvenendo all’insegnamento dei clown, mantengo contatti con alcuni dei pazienti… c’è chi ha vinto la propria battaglia, chi continua a lottare, chi purtroppo non ce l’ha fatta; riguardando le fotografie, mi hanno raccontato, hanno provato nostalgia per quei sorrisi, una calda e bellissima parentesi in un tratto così accidentato del loro cammino di vita.

Un sentito ringraziamento ai due clown dottori Paolo Scannavino e Tiziana Scrocca, a Soccorso Clown, alla direzione ed al personale del Policlinico Umberto I, reparti di pediatria ed oncologia pediatrica. Un grandissimo abbraccio a tutti i pazienti ed ai familiari che hanno autorizzato la pubblicazione delle fotografie.

www.soccorsoclown.it

  • Maria
    14 Novembre 2010 at 16:32

    stupenda la sensibilità con la quale ti metti in gioco e prendi le emozioni per lasciarle scivolare nelle mani… nei pensieri .. negli occhi…
    e ascolti .. guardi… e riscrivi senza dar spazio ai respiri…
    letta tutta d’un fiato… ed emozionata come se l’avessi vissuto….
    i miei piu’ sinceri complimenti Flavio!

  • Patti Coblentz
    14 Novembre 2010 at 17:21

    Your heart is always where it should be…this is a lovely and very heartwarming series, Flavio!

    Patti

  • Marco
    14 Novembre 2010 at 17:23

    Che meraviglia! complimenti!

  • Patricia Coblentz
    14 Novembre 2010 at 17:46

    A heart in the right place, always..
    These are beautiful in all ways, Flavio!
    Patti

  • May
    14 Novembre 2010 at 20:49

    Quando le immagini riescono a dare EMOZIONI…. Complimenti!!!!!!

  • Angie Sidles
    14 Novembre 2010 at 20:54

    Flavio,

    This session definitely tugs at the heartstrings. You did a sensational job of capturing each and every moment. Always love seeing your perspective and very much enjoy seeing you explore new subjects in your photography. You are a true professional. Keep inspiring!

    Angie

  • Joao
    16 Novembre 2010 at 01:14

    A touching emotional photo report, Flavio!

  • Shari
    16 Novembre 2010 at 05:04

    Incredibly moving and touches the deep part of the heart…
    Blessings~~Shari

  • Silvia
    8 Aprile 2011 at 22:37

    Ciao,

    ho appena letto l’articolo, che emozionante!!! oltre che fotografo sei anche scrittore! proprio bello il tuo articolo, molto “delicato”, sei entrato nell’argomento in punta di piedi, proprio come dici che fanno i clown nelle nostre vite.

    Non so ancora che effetto farà agli esterni leggerlo (domani lo sottoporrò al parere di amici e parenti), ma per me che vivo questa situazione, mi ha fatto sentire un pò alienata..fare il clown è un lavoro? pensavo fossero dei volontari.. sono degli attori che vengono a recitare la loro parte evitando di farsi coinvolgere da noi, da chi siamo realmente? che triste.. io non sono una malattia in un letto di ospedale.. ma questa riflessione non riguarda il tuo articolo, ma solo le informazioni che riesco a cogliere leggendolo. Qui si aprirebbe una discussione sul bisogno per queste persone di crearsi una sorta di scudo, per riuscire a convivere con la forza delle emozioni con le quali vengono a contatto.. e razionalmente lo capisco.. ma sono un tipo emotivo.

    All’artista Flavio Carnevale rinnovo i miei complimenti 🙂

    p.s. quanto mi piacerebbe partecipare al workshop a Springfield!!!

  • Vincenzo De Prosperi
    21 Novembre 2011 at 21:02

    Pur essendo un addetto ai lavori e nonostante 35 anni di vita “vissuta” all’Umberto I, mi complimento per il tuo lavoro ricco di sensibilità e
    professionalità. Ho terminato di leggere il commento al tuo reportage attraverso un velo di lacrime. Grazie per esserci.Bravo, sono fiero di te.

  • flaviocarnevale
    21 Febbraio 2012 at 15:03

    Ringrazio tutti, di cuore, per la partecipazione a questa emozionante e dolorosa esperienza.
    Ringrazio te, Silvia, per gli aggiornamenti sul reparto, per i suggerimenti, per lo scambio vivace di idee e riflessioni sul lavoro, sull’arte, sulla vita. Mi hanno raccontato che eri forza e luce per chi ti stava accanto, davvero non fatico a crederlo. Un fortissimo abbraccio, mi piace l’idea che da qualche parte tu stia continuando a sorridere con la stessa energia di sempre.
    Flavio